Vie possibili per restituire all'elettore il diritto di scegliere il proprio rappresentante

di Antonio Floridia

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. NuovaLeggeElettorale
     
    .

    User deleted


    Un sistema elettorale non è solo un meccanismo che consente di trasformare i voti in seggi: un sistema elettorale è un insieme di regole che condiziona profondamente non solo le strategie degli attori politici ma anche le stesse scelte degli elettori. Un sistema elettorale crea un quadro di vincoli e di opportunità, sia per gli uni che per gli altri. I partiti “sfruttano” gli incentivi e le convenienze che le regole suggeriscono; gli elettori si adattano, rispondono al tipo di offerta che viene presentata.
    Facciamo un altro esempio, di estrema attualità. C’è una frase ricorrente, in coloro che propugnano una riforma della legge Calderoli: “restituire agli elettori il potere di scegliere il proprio rappresentante”. Intento sacrosanto, e certamente condivisibile, ma che sconta un notevole grado si ambiguità.
    Cosa vuol dire “ridare all’elettore” il potere di scelta del proprio eletto? La prima cosa a cui si pensa, evidentemente, è il voto di preferenza, che sembra oggi tornato di moda, dimentichi dei guasti che aveva provocato in passato e che tuttora provoca, nelle regioni italiane e nel tipo di elezioni in cui tuttora è vigente. Ma il voto di preferenza permette davvero una scelta? Certo, per gli elettori che lo usano: che però, com’è noto, sono una minoranza (almeno nel centro nord, non al Sud: e questo dovrebbe dire molto…). Gli elettori che votano solo per il partito non sanno quale candidato sarà eletto grazie anche al proprio voto. E poi: che tipo di competizione si produce all’interno dei partiti? Un po’ di memoria storica non guasterebbe: il voto di preferenza crea una competizione feroce dentro i partiti, e favorisce i candidati in grado di costruire una potente macchina di consensi, non certo i candidati più innovativi, che possono emergere dalla società civile. E anche le spese per le campagne elettorali crescono a dismisura: altro argomento da non sottovalutare. La competizione si sposta dentro i partiti, più che fra i partiti: e ogni candidato tende a rivolgersi al proprio elettorato di riferimento, a costruire una propria rete di sostegno, e non perde certo tempo e energie a trovare l’elettore più lontano e cercare di convincerlo. Gli stessi elettori sono indotti a costruire un rapporto particolaristico con il singolo candidato, non a valutare programmi e proposte politiche.
    C’è una sola spiegazione che può motivare questo “ritorno di fiamma” per il voto di preferenza (che, ricordiamolo, non c’è in nessuna delle grandi democrazie europee): la crisi e la delegittimazione dei partiti è giunta ad una tale profondità, da spingere una parte dell’opinione pubblica ad un’invocazione piuttosto “disperata”: “almeno fateci scegliere la persona”…Ma, a parere di scrive, non sembra sia questa la risposta più giusta. E la mia personale valutazione è che il rimedio sarebbe peggiore del male…
    Ma “ridare all’elettore” potere di scelta non significa necessariamente ritorno al voto di preferenza: anche il collegio uninominale di tipo maggioritario permette questa scelta (e a questo, infatti, pensano molti). Certo, e qui sta l’ambiguità, permette all’elettore di scegliere il proprio eletto tra i candidati dei diversi partiti, ma questi candidati sono pur sempre indicati dai partiti (a meno che non si svolgano primarie, o altre procedure di selezione democratica interna). Il diritto-dovere dei partiti di scegliere quale sia il candidato più adatto a concorrere in un determinato collegio, d’altra parte, non mi sembra neppure un elemento da sottovalutare. I vantaggi dei collegi uninominali, rispetto ad altre formule, sono evidenti: il partito, innanzi tutto, se vuole vincere, è indotto a scegliere i propri candidati migliori, o quanto meno i più adatti a rappresentare un dato territorio. Se un partito “sbaglia” candidato mette a rischio il consenso dei propri potenziali elettori: e, in casi estremi, quando ci sono candidature “impresentabili”, l’elettore può anche “tradire”.. (nelle “mega-liste”, invece, si possono “imbucare” candidati di ogni tipo: tanto l’elettore non se accorge…); i partiti sono indotti ad una maggiore coesione; i costi della campagna elettorale sono più contenuti, dovendosi svolgere solo in un territorio circoscritto; il candidato è indotto ad una forte mobilitazione, deve farsi conoscere, deve “battere” ogni angolo del collegio; il candidato eletto riceve una forte legittimazione, non è un “nominato” per grazia ricevuta…e quindi è più autonomo, più libero anche nel dibattito e nella lotta politica interna al partito…; e, infine, gli stessi elettori: valutano certo le qualità personali dei candidati, ma possono anche mettere a confronto le loro proposte politiche.
    Insomma, ci sono molte buone ragioni, per prendere in seria considerazione l’introduzione dei collegi uninominali (con tutti gli opportuni correttivi, per garantire un’adeguata rappresentanza delle minoranze).
     
    Top
    .
0 replies since 3/4/2013, 16:24   30 views
  Share  
.